Ambiente

EARTH OVERSHOOT DAY: QUALE SARÀ IL FUTURO PER LA VITICOLTURA?

Quest’anno, complice il Covid-19, che con il conseguente lockdown ha di fatto fermato per qualche tempo una buona parte delle attività umane, oltre che la mobilità di miliardi di persone, l’Earth Overshoot Day, ossia il giorno in cui a livello illustrativo l’umanità consuma interamente le risorse prodotte dal pianeta nell’intero anno, è caduto lo scorso 22 Agosto, mentre nel 2019 era caduto il 29 Luglio, dopo anni in cui la data si era progressivamente spostata sempre più indietro nel calendario, riportando indietro la situazione di almeno 15 anni.

La situazione è figlia del fatto che la somma di tutte le attività umane attualmente consuma talmente tanta energia che il pianeta ormai non è più in grado di produrne a sufficienza per un intero anno, per cui si innescano inevitabilmente tutti quei fenomeni che portano allo sfruttamento sempre maggiore delle risorse fossili (vedi carbone e petrolio su tutte) e che alla fine convergono nel Global Warming, o Riscaldamento Globale.

Quali sono le conseguenze di questo fenomeno per la viticoltura e quale futuro possiamo immaginare?

Attualmente la zona di coltivazione della vite si colloca approssimativamente tra il 30° e il 50° parallelo, con alcune eccezioni dovute a particolari zone caratterizzate da un microclima particolarmente favorevole.

Tuttavia questi confini sono destinati a cambiare, ed in special modo a spostarsi via via verso i poli, proprio per il fenomeno del riscaldamento globale.

La vite infatti non può crescere nelle zone in cui la temperatura media si colloca al di sotto dei 10°C. Essa infatti ha bisogno di abbastanza calore per potersi risvegliare dal letargo invernale e dare il via a tutti quei processi che generano i nuovi germogli, nuove foglie, nuovi fiori, e disporre di un’estate sufficientemente lunga per poi produrre dei grappoli con acini maturi, ossia con un grado zuccherino minimo e una acidità non troppo alta.

Viceversa, nei climi troppo caldi, la vite cresce senza problemi, ma non è produttiva, perché per completare il suo ciclo annuale ha bisogno di una ben determinata quantità di giorni nei quali la temperatura media giornaliera rimane al di sotto dei 10°C, e ciò ovviamente non accade nei climi prossimi all’equatore terrestre.

Come detto qualche riga sopra, lo spostamento verso i poli della zona di coltivazione della vite ha permesso ad alcuni di poter impiantare dei vigneti laddove mai ci si sarebbe atteso di trovarli. Vi sono infatti certi produttori, tra i quali anche qualche italiano, che sono riusciti ad impiantare dei vigneti ed a produrre con successo una discreta quantità di vino in Norvegia.

Anche in Inghilterra, soprattutto nelle contee situate a sud di Londra (Essex, Kent, Hampshire), zone in cui già da svariati anni si producono eccellenti vini frizzanti, alcuni dei quali serviti anche alla Corte della Regina Elisabetta, la situazione climatica diventerà sempre più favorevole alla produzione di vini di qualità sempre più alta e diversificata.

Nell’emisfero australe l’espansione delle zone coltivabili si scontra con la mancanza di territorio. Tuttavia possiamo immaginare che in Argentina l’ideale confine si sposterà via via sempre più a sud.

Discorso analogo lo si può fare per la Tasmania. Per via del riscaldamento climatico, le temperature, che in Australia hanno raggiunto punte fino a 9°C in più della media nell’arco degli ultimi vent’anni, ed i suoli diventati troppo secchi in alcune zone, hanno portato alcuni viticoltori a trasferirsi al di là dello Stretto di Bass, dove il clima è relativamente freddo, ma che presenta oggi temperature ideali per la coltivazione della vite.

Il futuro della viticoltura non è di certo compromesso, ma se le condizioni dovessero rimanere immutate per ancora molti anni, sarà sempre più una necessità ripensare e trovare nuove zone coltivabili ed adattare le tecniche di vinificazione che danno la tipicità di certi vini. Esse dovranno confrontarsi sempre più con le mutate condizioni climatiche ed essere adattate di conseguenza, per non perderne le proprie caratteristiche, o al limite per migrare laddove le condizioni siano più favorevoli.

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